Sono trascorse ben 26 edizioni da quando Canepina – un piccolo paese medievale del viterbese incastonato nei Monti Cimini – ha dato il via alla Sagra della Castagna, con l’intento di valorizzare questa “gemma” del territorio e altri prodotti della tradizione locale. Risale a qualche anno fa la nostra prima partecipazione e da allora abbiamo osservato- di edizione in edizione – un “sempre rinnovato” entusiasmo da parte della gente del posto nell’accogliere ed ospitare la folla che accorre nelle ultime 3 settimane di ottobre, periodo in cui si svolge la manifestazione.
Anche quest’anno non potevamo saltare e così con un folto gruppo di amici – non ce ne vorranno gli altri ma citiamo solo i piccoli ospiti d’onore Domenico, Antonio, Giulia e Margherita – è partita una vera spedizione: ne è risultata davvero una bella e allegra domenica!
Dalla “valigia” dei freschi ricordi (ci siamo stati ieri!) lasciamo a voi lettori 3 buoni motivi per non perdere questo evento.
Avete ancora l’ultimo weekend di ottobre: approfittatene se potete.
1. Lo scenario che fa da sfondo. La natura è quella dei boschi dei Monti Cimimi. Lussureggiante e profumata, dominata da noccioli e castagni, puntellata – in questa stagione- da funghi di vario genere. In autunno l’aria è pungente e i colori inneggiano all’arancione e ai toni bruciati del marrone: tutto invoglia a perdersi tra gli alberi e tra qualche raggio di sole – che fa capolino – per portarsi dentro, nei mesi invernali, quella sensazione di “tutt’uno” con l’aria aperta. Diversi i percorsi attrezzati per passeggiate.
2. L’esperienza “mangereccia” nelle cantine. Per l’occasione vecchie cantine di antichi palazzi e costruzioni – nel centro storico del paese – si “vestono a festa”. Si accendono i fornelli, gli spazi da brace e le cucine di fortuna allestite per l’evento…lunghe tavolate con panche vengono improvvisate negli ambienti interni…intere famiglie canepinesi scendono in campo per portare in tavola i piatti della tradizione. Anche quest’anno la cantina scelta per il nostro pranzo è stata A’ Frulla…con grande soddisfazione di tutti i commensali.
Menu a 20€ (10€ per bambini) con:
antipasto…a base di salumi – prosciutto, salame spianato, coppa – peperoni in agrodolce, bruschetta bianca e olive nere essiccate
maccheroni con ragù antico…un indimenticabile “fieno” dalla giusta consistenza ed esaltato dal ragù cotto lentamente come si faceva una volta
ceciliani con porcini…pasta acqua e farina condita con sugo rosso e pezzetti di funghi porcini come tradizione vuole
carne alla brace…salsiccia e braciolina di territorio
trippa alla romana e insalata di fagioli
tozzetti e tarallini all’anice
caldarroste
…innaffiato da un vinello rosso beverino e senza pretese.
Tutto è spartano (usano tovaglie, piatti, posate e bicchieri di plastica) e il servizio è informale e amichevole. Tante altre le cantine dislocate per le vie del paese che generalmente offrono formule analoghe dall’ottimo rapporto qualità- prezzo.
3. I colori e gli odori inconfondibili che si percepiscono nelle vie. Le strade sono un vero inno ai prodotti locali e alla veracità del posto. Bancarelle con ogni genere di prelibatezza: castagne, marroni, nocciole, marmellate, miele, formaggi, salumi, sottoli, pasta fresca, pane aromatizzato (non abbiamo resistito alle pagnottine con miele e uvetta e con girasole e semi di lino!), pizze fritte e panini – su tutti broccoletti e salsiccia – da mangiare caldi, torte e crostate alle castagne e non solo. Nella piazza principale – al pomeriggio della domenica – vengono “animate” con fuoco tre enormi padelle bucate su cui vengono cotte le caldarroste…omaggio del paese per la folla che – qui – viene ad apprezzare.
Lungo le vie di Canepina, costellate da stand multicolori, si respira una genuina aria di festa d’altri tempi. Le cantine, per chi non è abituato a questo tipo di manifestazioni, rappresentano la parte più originale. Senza dubbio a’ Frulla è tra le più particolari: si pranza in uno dei due lunghi ambienti, dalle alte pareti fredde ed umide, che costituivano la chiesa paleocristiana edificata intorno all’anno 1000. L’antipasto sfizioso stuzzica l’appetito con il contrasto tra i peperoni all’agrodolce, le piccole olive del circondario ed i diversi tipi di salumi. I sottilissimi maccheroni canepinesi al ragù, cosparsi di formaggio, rappresentano una delizia per il palato, facendoti fare un salto indietro nel tempo, ai gusti tipici del piatto della domenica, preparato pazientemente dalle nonne. I funghi porcini a tocchetti ben si coniugano con il sughetto semplice ed ceciliani preparati con acqua e farina. La braciola e la salsiccia cotta alla brace, accompagnate dall’insalata di fagioli, risvegliano la voglia di gustare i sapori genuini anche se, sazi dei primi, ci si vorrebbe arrendere, pregustando l’arrivo delle caldarroste. Servite in piccole ciotole, finalmente arrivano. Sono le protagoniste della sagra, le caldarroste, cotte sulle grandi “rusellare” (Dal calabrese “ruselle” = caldarroste), che, incessantemente, sfornano queste delizie del sottobosco autunnale. I tozzetti con il vino chiudono un pranzo gioviale, all’insegna delle cose semplici, servite con il sorriso sulle labbra, in un ambiente sicuramente originale.
confermo la soddisfazione per la frulla …. ottimi i maccheroni col ragù… buonissime le ciambelline all’anice da intingere nel vino e i tozzetti alle nocciole….
dopo tutto quello che è stato sapientemente scritto e dettagliatamente documentato, che aggiungere ancora….nulla, veramente nulla….tutto straordinariamente ottimo! Location surreale (praticamente la “frulla” è dentro un’antichissima chiesa) immersa in profumi ed odori d’altri tempi.
Assolutamente da non perdere.