Cucina Romanesca. Dire Giovedì a Roma equivale a dire “gnocchi”, piatto gioioso e sostanzioso, vero must della cucina di casa quanto di quella dei ristoranti più veraci. A offrirci una gustosa ricetta a tema, in omaggio alla nostra rassegna ispirata al calendario della romanità a tavola, il favoloso Arcangelo Dandini del ristorante L’Arcangelo nel quartiere Prati.
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Cucina Romanesca. Finalmente possiamo dirlo anche noi, “Giovedì gnocchi!”. Un’usanza tutta romana che si rinnova ogni giorno tanto tra le mura domestiche, quanto ai tavoli delle osterie della città.
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All’origine degli Gnocchi
Gli gnocchi sono una pietanza conosciuta a livello mondiale e preparata, con le dovute varianti, in tutta Italia. Volendo tentare un racconto ab origine, possiamo dire che lo gnocco (dal latino nucleus, nucleo, nocciolo), inteso come piccola porzione di un impasto ottenuto mescolando farina di cereali con altri ingredienti, ha origini antichissime.
Pare infatti che nella trentina Valle di Ledro siano stati rinvenuti “tocchetti” risalenti addirittura all’età del bronzo, ottenuti tritando con delle pietre i semi di alcuni cereali.
Nel Medioevo e nel Rinascimento gli gnocchi venivano spesso chiamati maccheroni, nome riferito a tutto ciò che era frutto di un’azione d’impasto di farina di cereali, a causa della radice latina maccare (schiacciare).
Giovanni Boccaccio, descrivendo il paese di Bengodi nel suo Decamerone (XIV sec. D.C.), parla di “maccheroni e raviuoli” in abbondanza cotti in brodo di capponi; il rinascimentale Bartolomeo Scappi, cuoco secreto di papa Pio V, parlava di maccaroni ottenuti da fior di farina, pangrattato, zafferano, olio d’oliva e acqua bollente. Alla corte milanese degli Sforza (1450-1535), invece, si festeggiava con gli zanzarelli a base di mollica di pane, mandorle tritate e cacio lodigiano.
Cucina Romanesca – Gli Gnocchi a Roma
Volendo risalire alle origini dello gnocco romano, inteso come bocconcino d’impasto di farina cereali, inevitabilmente il pensiero corre alla puls, una sorta di polenta preparata con farina di farro che rappresentò per molto tempo la base dell’alimentazione nell’Antica Roma.
Il frumento, come cibo primario, si affermò solo a partire dal II a.C. con l’annessione di nuovi territori quali Sicilia, Sardegna, Egitto e Africa proconsolare, così come abbiamo ricordato nel nostro post dedicato alle radici della Cucina Romanesca.
Decisivo per la messa a punto della ricetta odierna, fu comunque l’arrivo delle patate, introdotte in Europa nel XVI secolo dopo la scoperta delle Americhe, che tuttavia impiegarono secoli prima di essere definitivamente accolte nei ricettari e sulle tavole.
Cucina Romanesca – Giovedì Gnocchi
La consuetudine di consumare gli gnocchi il quarto giorno della settimana si fa risalire a precetti religiosi di matrice cattolica che sancivano il “venerdì di magro”. In vista delle successive 24 ore dedite alla sobrietà, si era infatti legittimati ad abbandonarsi a un sostanzioso piatto di gnocchi.
Ma il legame con il giovedì potrebbe provenire da molto più lontano. Nell’Antica Roma, essendo il farro fonte di sostentamento, era considerato sacro. Per questo, durante i matrimoni patrizi si praticava il rito della confarreatio in cui i due sposi si scambiavano una focaccia di farro (panis farreus) da mangiare in segno di condivisione, in onore di Iuppiter Farreus ovvero Giove Farreo.
Dunque il giovedì, giorno collegato a Giove, rimane quello riservato al consumo dei cereali che sono appunto alla base della preparazione degli gnocchi.
Cucina Romanesca – Gnocchi a Roma e Gnocchi alla Romana
Quando a Roma si parla di gnocchi, ci si riferisce a bocconcini di farina, uova e patate, fatti sbollentare e poi conditi a piacimento.
Altrettanto famosi sono i cosiddetti Gnocchi alla Romana che rispondono a una preparazione totalmente differente che strizza l’occhio alla Francia. Si tratta infatti di piccoli dischi composti da semolino cotto nel latte, uova, burro, formaggio e noce moscata che vanno gratinati in forno, dopo essere stati cosparsi di formaggio e burro.
Nonostante gli ingredienti di indubbia origine nordica, da più parti si dichiara essere un piatto di tradizione laziale legato alle grandi occasioni.
La cucina della memoria di Arcangelo Dandini
Di Arcangelo Dandini conosciamo tanto, perché è di fatto una delle figure più di spicco della ristorazione capitolina. Ma non tutto, perché da vero talento della cucina, viaggia sull’onda di un’ispirazione sconfinata (e dunque incontenibile), fondata sulla dedizione al territorio ma soprattutto sul potere evocativo della memoria.
Arcangelo nasce a Rocca Priora, piccolo comune della provincia romana, da una famiglia di ristoratori da quattro generazioni. Le sue esperienze così come le suggestioni raccolte durante l’infanzia rappresentano ancora oggi la fonte primaria cui attingere per il lavoro di tutti i giorni.
“La mia è cucina della memoria, è il mio modo per non crescere. In cucina è ancora tutto com’era. Sono ancora tutti lì.”
Così dichiara nel libro “Memoria a mozzichi” scritto con Betta Bertozzi ed edito da Gargantua & Pantagruel.
Per Arcangelo è facile e dolcissimo tornare indietro nel tempo e rivedersi seduto ai gradini della Doganella, il ristorante dei suoi genitori, accarezzato da quello stesso vento che attraversava i pioppi e le vicine querce. O ricordare i pomeriggi trascorsi ad ammirare le mareggiate ad Anzio. O ancora il braciere sempre acceso nei giorni di freddo. La meraviglia del susseguirsi delle stagioni e le battute di caccia al fianco del padre: tordi e colombacci in inverno, lumache in primavera e quaglie d’estate.
Le uova pescate direttamente dal pollaio di famiglia, i maiali allevati allo stato brado dal nonno materno, i formaggi degli amici pastori e il pane che arrivava diretto da Lariano, impastato da quelle stesse donne che si affacciavano al ristorante a dare aiuto.
Tutti i suoi piatti sono un racconto spassionato di ciò che di bello e buono è stato. Perché, afferma Arcangelo, “il cibo è memoria e linguaggio”.
Ma si sa, quando si parla di memoria, i ricordi non possono essere distinti da chi ricorda. Lui stesso ammette nel succitato libro, riferendosi al paese natio:
“Quella Rocca Priora non c’è più. Esiste solo nei miei pensieri, e forse non è nemmeno mai esistita per come la ricordo io. Forse è solo la sintesi di tutto quello che ho pensato, sognato e vissuto alla Doganella, e non è più possibile distinguere il falso dal vero”.
E di fatto, a ben guardare, ogni suo piatto si nutre del richiamo (sostanziale e sentimentale) al territorio, quanto del tocco inequivocabile, geniale, del suo creatore.
Ogni suo piatto porta in sé un incanto, una sincerità profonda, che lo rende unico.
Un esempio? “Viaggio a Rocca Priora”, un antipasto composto da uovo poché, erbe raccolte a mano della campagna romana, polline (Arcangelo vanta un passato da apicoltore), cannella, liquirizia e cumino (le prime due amatissime dall’oste, la terza, per contrasto molto meno), succo di sambuco (ne cresce tanto davanti alla casa di sua madre), salsa di visciole (frutti molto diffusi e amati a Roma) e croccante di mandorle aromatizzato alla colatura di alici (o al garum, antica salsa romana a base di interiora di pesce fermentate) .
Dove assaggiare i piatti di Arcangelo
Arcangelo ha il suo quartier generale presso il rinomato ristorante L’Arcangelo in zona Prati. In più, da qualche tempo, ha inaugurato due botteghe di cibo da strada, Supplizio a Via dei Banchi Vecchi e il nuovissimo Supplizio ai Coronari a Via dei Coronari. Ha inoltre prestato la sua consulenza per l’avvio della nuova gestione del ristorante Passetto in Piazza Sant’Apollinare, a pochi passi da Piazza Navona.
Con Food Box al Mercato Testaccio ha avviato una joint venture con Marco Morello.
Gnocchi all’Amatriciana – La ricetta
Gli Gnocchi all’Amatriciana, ci dice Arcangelo, rappresentano un abbinamento messo a punto negli anni ‘50 dalla Sora Lella la quale, tra l’altro, ebbe il merito di portare finalmente gli gnocchi, veri sovrani delle mense domestiche, sulle tavole di un ristorante.
Lui ne offre qui un’interpretazione tanto semplice quanto accattivante. Ecco a voi i dettagli:
Ingredienti per 4 persone
– 500g di gnocchi di patate
– 100g di guanciale
– 100g di pecorino romano grattugiato
– 160g salsa di pomodoro
– ¼ di peperoncino
– sale q.b.
Procedimento
– Tagliare il guanciale a listarelle (per prenderne la parte magra e la parte grassa) e farlo tostare in padella.
– Separare dal guanciale 2 cucchiai di salsa grassa rilasciata in cottura. Tenere la salsa e il guanciale in caldo.
– In una padella, mettere a cuocere la salsa di pomodoro. Dopo 10 minuti versare la salsa di cottura del guanciale e proseguire la cottura per un totale di circa 25 minuti, aggiungendo sale quanto basta.
– Cuocere gli gnocchi immergendoli in acqua bollente.
– Trasferire gli gnocchi nella padella contenente la salsa di pomodoro.
– Aggiungere le listarelle di guanciale e il peperoncino e amalgamare a fiamma lenta, per circa 2 minuti.
– Spegnere la fiamma e mantecare con il pecorino.
– Impiattare aggiungendovi una manciata di pecorino grattugiato.
Cucina Romanesca – Il partner IoLatte con la Casearea Agri In
La rete IoLatte sostiene il progetto di Tavole Romane legato alla valorizzazione della Cucina Romanesca.
>> PER SAPERNE DI PIU’ Benvenuto IoLatte! Il nuovo partner della Rassegna sulla Cucina Romanesca
Si sa che un ingrediente fondamentale per un’Amatriciana degna di questo nome è il pecorino romano (di questo irresistibile formaggio, abbiamo parlato nel nostro focus sulle polpette alla romana che trovate a questo link).
A tal proposito, ricordiamo che Casearea Agri In, una della tre aziende protagoniste della filiera IoLatte, produce il Pecorino Romano D.O.P. Deroma, l’unico Pecorino Romano D.O.P. prodotto nella provincia di Roma.
La sede produttiva si trova a Torrita Tiberina a ridosso del Parco Naturale di Nazzano Tevere Farfa dove pascolano pecore allo stato semibrado che forniscono parte del latte da cui nasceranno i formaggi aziendali.
Dietro Casearea Agri In ci sono i fratelli Claudio e Daniele Deroma che, forti di una tradizione familiare legata all’allevamento e alla produzione casearia, puntano più che mai all’eccellenza. L’azienda, che lavora solo latte di assoluta qualità, si affida ancora oggi a metodi di lavorazione artigianale come la salatura a secco manuale. La stagionatura prevista va dai 12 ai 20 mesi. E tra gli obiettivi prossimi c’è quello di lavorare solo latte crudo.
Chiudiamo questo percorso sugli gnocchi anticipandovi che non potendo mancare, nell’ambito della Rassegna sulla Cucina Romanesca, un post di approfondimento sulla storia dell’Amatriciana, nei prossimi giorni daremo spazio a un articolo tutto dedicato al mitico piatto di fama planetaria, con qualche suggerimento su dove assaggiarne ottime versioni a Roma.
Ristorante L’Arcangelo | Prati
Via G.G. Belli 59, Roma
Supplizio | Centro Storico
Via dei Banchi Vecchi 143, Roma
Supplizio ai Coronari | Centro Storico
Via dei Coronari 25, Roma
Passetto | Centro Storico
Piazza Sant’Apollinare 41, Roma
Food Box al Mercato di Testaccio | Tesataccio
Box 66 – Via B. Franklin 12/C, Roma