Calendario della Cucina Romanesca: nel mese dedicato al mercoledì con scarti e frattaglie, non poteva mancare uno spazio sulla Coda alla Vaccinara, osannato piatto della tradizione romana. A fornirci un’appassionante rivisitazione della ricetta, il primo guest chef della Rassegna, il talentuoso Alessandro Testa dell’Hotel Majestic di Via Veneto.
>> LEGGI a che punto è la Rassegna sulla Cucina Romanesca
Coda alla Vaccinara. Continuiamo a parlare di Cucina Romanesca e di piatti tipici della settimana romana a tavola. Poco tempo fa, abbiamo inaugurato il tema del “Mercoledì con scarti e frattaglie” con le ricette di Roberto Campitelli de L’Osteria di Monteverde.
Oggi torniamo a occuparci del mercoledì con l’intramontabile Coda alla Vaccinara.
Coda alla “Vaccinara”- L’origine del nome
La celebre pietanza deriverebbe il suo nome dai cosiddetti “vaccinari”, termine con cui si alludeva genericamente agli operai del Mattatoio e più specificamente ai conciapelli e a coloro che si occupavano di scuoiare il bestiame (chiamati anche scortichini).
Come già abbiamo avuto modo di raccontare nel post che esplora le radici della Cucina Romanesca, a partire dal 1891, con l’istituzione del Mattatoio di Testaccio, coda, frattaglie e affini divennero protagoniste assolute delle tavole romane.
Tanto più che il salario degli operai del macello veniva spesso integrato proprio con gli scarti bovini, in parte destinati a essere cucinati tra le mura domestiche, in parte rivenduti alle numerose osterie sorte proprio in quel periodo all’ombra del Monte dei Cocci.
Coda alla Vaccinara – Un po’ di storia
E che dire ancora sulla succulenta e sontuosa Coda alla Vaccinara. Se non che è forse il piatto più regale del quinto quarto romano. Vuoi per la complessità della preparazione, vuoi per il richiamo, quasi emulativo, a una specialità molto in voga nelle mense aristocratiche di un tempo.
Stiamo parlando dello “stufato di bue col sellero” ovvero lo speziato stufato di bue con sedano, quest’ultimo considerato sin dall’antichità una pianta nobile e a lungo appannaggio dei ricchi signori.
La prima versione della Coda alla Vaccinara sembra sia nata intorno al 1300 (c’è chi la fa risalire addirittura all’Antica Roma), nel Rione Regola, storicamente abitato da vaccinari, alla cui Confraternita papa Pio V affidò nel 1570 una chiesa poi dedicata proprio a San Bartolomeo, patrono dei vaccinari.
Di varianti se ne contano diverse, ma chiunque voglia rimanere nel solco della tradizione, di certo non può prescindere da alcuni fondamentali ingredienti quali la salsa di pomodoro, il sedano, il cacao amaro.
Una triade notoriamente sdoganata, agli inizi del Novecento, dalla signora Ferminia del ristorante Checchino dal 1887 a Testaccio, a cui si deve la messa a punto della versione più popolare della ricetta. Quest’ultima prevede in aggiunta uvetta, pinoli e anche i cosiddetti gaffi, ovvero guance di bue per conferire ulteriore sapore.
Coda alla Vaccinara – La ricetta di Alessandro Testa
In qualità di “guest chef” della Rassegna, interpreta per noi la Coda alla Vaccinara il giovane e talentuoso Alessandro Testa, executive chef dell’Hotel Majestic a via Veneto, di cui abbiamo sperimentato l’entusiasmante cucina raccontandola di recente in questo post:
>> LEGGI ANCHE Hotel Majestic, la cucina di Alessandro Testa sorprende
Alessandro è nato e cresciuto a Roma e a proposito di cucina romanesca ha commentato in tono fiero:
“E’ una delle cucine tipiche più complete dell’intero Stivale. C’è tutto: pasta, verdure, carne e pesce.
E poi, tradizionalmente a Roma si frigge poco. Ciò nonostante, le sue specialità sono un autentico trionfo di gusto e sapore”.
Con queste argomentazioni si comprende il perché la sua mano ricercata ed elegante ami spesso confrontarsi con i piatti poveri, espressione della romanità più verace.
Una romanità che, secondo Alessandro, va preservata nella sua originalità.
“Le materie prime devono rimanere le stesse, la qualità deve essere sempre eccellente. L’unico gioco che mi concedo è quello sulle consistenze, che permette di rendere i piatti accattivanti rispetto a una clientela sempre più variegata”.
Ecco così la sua versione della Coda alla Vaccinara, golosa e raffinata allo stesso tempo, in grado di mettere d’accordo tutti i palati, dai meno esigenti ai più raffinati.
Ingredienti per 4 persone
– 1 coda di bue ripulita e pronta all’uso
– 300g di salsa di pomodoro
– Salsa demi-glace o ristretto di brodo di manzo
– Cacao amaro q.b.
– Sedano, Carota e Cipolla per fondo di cottura
– Pinoli q.b.
– 2 cucchiaini di lecitina di soia
– Olio evo q.b.
-1 bicchiere d’acqua
Preparazione
– Spolpare la coda e tagliarla a tranci.
– Ricomporre ciascun trancio servendosi di una colla alimentare e avvolgerli in una pellicola trasparente.
– Lasciare riposare in frigo per 1 notte.
– Cuocere la coda a bagnomaria per 12 ore a 72°C.
Per la salsa
– Preparare una salsa demi-glace o un ristretto di manzo, utilizzando anche le ossa della coda precedentemente scartate.
– In una pentola preparare un fondo di sedano, carota e cipolla e far cuocere la salsa di pomodoro a fuoco lento fino a farla restringere. A metà cottura, aggiungere il cacao.
– Aggiungere la demi-glace alla salsa di pomodoro.
– Far rosolare la coda su tutti i lati con un filo d’olio evo.
– Tagliare il sedano a striscioline e farlo riposare per 10 minuti in acqua e ghiaccio per renderlo croccante.
– In un contenitore frullare acqua, lecitina di soia e 1 cucchiaino di cacao per far incorporare aria al composto.
– Per impiattare, adagiare sulla salsa la coda rosolata. Aggiungere il sedano e l’aria di cacao. Infine completare con una spolverata di pinoli tostati e un filo d’olio.
Cucina Romanesca – Il partner Io Latte con la Zootecnica Viterbese
Da maggio 2018 IoLatte è partner di Tavole Romane, sostenendo la Rassegna sulla Cucina Romanesca.
>> PER SAPERNE DI PIU’ Benvenuto Io Latte! Il nuovo partner della Rassegna sulla Cucina Romanesca
La materia prima che caratterizza la nostra ricetta ci dà lo spunto per parlare di uno dei tre attori della rete IoLatte®, la Zootecnica Viterbese®, società cooperativa agricola attiva dal 1974, con oltre 170 allevatori associati di capi bovini e ovini e 50 dipendenti.
E’ il principio di filiera corta, chiusa e locale a muovere questa bella realtà che ha di fatto l’obiettivo di controllare interamente il processo produttivo: dai campi, al banco alla vendita del prodotto finito.
“Vivi sano, mangia bene” è lo slogan della cooperativa, a voler sottolineare l’importanza dell’alimentazione sana e controllata nell’allevamento animale.
Per questo la Zootecnica Viterbese si è dotata di uno stabilimento di micronizzazione a Monterazzano (VT) dove vengono trattati cereali e leguminose conferite dai soci a cui ritornano sotto forma di mangime sano e naturale.
Nelle aziende agricole associate gli animali sono allevati secondo i loro bisogni e nel pieno rispetto dell’ambiente.
Dopo la macellazione, i capi finiscono nelle celle frigo e sui banchi delle macellerie a marchio Zootecnica Viterbese, secondo un sistema di tracciabilità in cui vengono garantiti controlli e assoluta qualità.
La Zootecnica Viterbese commercializza carni, formaggi, frutta, verdure e prodotti tipici della Tuscia Viterbese.
I suoi prodotti si possono trovare nei due punti vendita di Viterbo (Via Carlo Cattaneo 26a) e Tarquinia (Via Aurelia Vecchia, 8).
E nelle macellerie di:
– Viterbo (Viale F. Baracca, 24 e La Quercia, Via del Santuario, 10)
– Tarquinia (Via Aurelia Vecchia, 8)
– Tuscania (Via Tarquinia, 40)
– Montalto di Castro (Via Aurelia Tarquinia, 53)
– Cura di Vetralla (Via Cassia, 2)