Nell’ambito del nostro progetto sul Calendario della Cucina Romanesca, non poteva mancare uno spazio dedicato alla ricetta simbolo della romanità nel mondo: l’Amatriciana. Lungi dal voler mettere la parola definitiva su origini, storia e ingredienti, ci divertiremo qui a ripercorrere alcune delle tesi più accreditate a riguardo, chiudendo con una manciata di indirizzi imperdibili dove mangiarne di ottime a Roma.
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Amatriciana e Cucina Romanesca – Le origini
Amatriciana, orgoglio della cucina romanesca. Mai piatto fu così amato – perché no, bistrattato – emulato e dibattuto.
Infinite le parole spese, la bibliografia prodotta per determinarne la primogenitura, gli ingredienti, la ricetta originale.
Un piatto la cui fama scorre in un concitato andirivieni dalle cattedre alle tavole, per cui l’unica vera certezza è la sua bontà che l’ha resa famosa in ogni dove.
>>LEGGI QUI La ricetta degli Gnocchi all’Amatriciana di Arcangelo Dandini
All’origine di tutto c’è Amatrice, cittadina della provincia di Rieti collocata lungo la Via Salaria Vecchia che collegava Roma a Porto d’Ascoli, alla foce del fiume Tronto. Incastonata tra Lazio, Abruzzo (sotto la cui giurisdizione è rimasta fino al 1927) Umbria e Marche, alle pendici dei Monti della Laga, Amatrice è stata nei secoli crocevia di pastori e montanari dell’Appennino Centrale ma anche protagonista di vicende storiche di grande rilevanza.
La nascita dell’Amatriciana pare infatti legata a stretto nodo con l’emigrazione degli amatriciani a Roma, avvenuta a più riprese sia per ragioni ambientali (come i ricorrenti terremoti, di cui gli ultimi, purtroppo nel 2016-2017) sia per ragioni storico-politiche dovute alle varie dominazioni subite.
Certo è che tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800 gli amatriciani avevano già conquistato un posto di riguardo nella ristorazione popolare romana: mentre le donne si occupavano delle cucine delle case patrizie, “i bettolanti” si costituirono in una vera e propria corporazione di mestiere.
E fu proprio in queste osterie, secondo molti, che in un imprecisato giorno del primo periodo del predominio napoleonico su Roma (1798 – 1814) – si celebrò il matrimonio tra l’Amatriciana in bianco (altro nome per la Gricia, evoluzione della cacio e unto abruzzese) e il pomodoro.
Nacque così l’Amatriciana.
Amatriciana – La ricetta ufficiale del comune di Amatrice
Il Comune di Amatrice ha intrapreso nel 2015 un cammino verso il riconoscimento dell’Amatriciana come STG, Specialità Tradizionale Garantita, codificandone, tramite apposito disciplinare, la ricetta “in bianco” e quella “in rosso”.
Qui gli ingredienti ufficiali dell’Amatriciana Rossa:
– Spaghetti
– Guanciale di Amatrice
– Olio di oliva extravergine
– Vino bianco secco
– Pomodori San Marzano o pomodori pelati
– Peperoncino
– Pecorino di Amatrice
– Sale
>> QUI La nostra ricetta degli Spaghetti all’Amatriciana
Non va dimenticato che a sostegno e al di là della posizione ufficiale, esiste un universo di studi e di ricerche ancora in fermento, che porta via via a galla sfaccettature sempre nuove e accattivanti di un piatto che – a quanto pare – non riesce a smettere di raccontarsi.
Amatriciana – Spaghetti o Bucatini?
Alla base dell’Amatriciana ci sono cinque ingredienti fondamentali: pomodoro, guanciale, pecorino, peperoncino e pasta asciutta. La presenza di quest’ultima nella ricetta rimanda a un momento storico ben preciso, ovvero al 1759, anno in cui Ferdinando IV re di Napoli ricevette Amatrice come feudo personale, coinvolgendola indirettamente in una delle più imponenti rivoluzioni alimentari che si stava consumando in terra partenopea.
Stiamo parlando della diffusione della pasta secca di grano duro ad opera delle fiorenti fabbriche dei “vermicellai” napoletani.
Gli amatriciani poterono dunque usufruire liberamente di questa risorsa prodotta in grandi quantità, che costava poco e destinata a cambiare in maniera irreversibile il volto della cucina popolare italiana.
Rispetto alla tipologia di pasta, la ricetta approvata dal comune di Amatrice prevede gli spaghetti, formato originario della Gricia.
La stessa cittadina si è fregiata nel 1992 dell’appellativo di “Città degli Spaghetti”.
Tuttavia a Roma si affermarono presto gli autoctoni e più opulenti “bucatini”.
Amatriciana – Pomodoro Casalino o Pomodoro San Marzano?
Ancora, la ricetta ufficiale menziona il dolce e carnoso pomodoro San Marzano, coltivato nel salernitano, nella zona del sarno-nocerino, diffusosi molto presto in tutte le cucine d’Italia.
Ma sulle tracce della ricetta “originaria” in molti hanno indicato il Casalino come il pomodoro utilizzato dai primi cuochi “matriciani” nelle osterie di periferia romane.
Noto anche come Spagnoletta di Gaeta, il Casalino ha consistenza acquosa, un sapore dai toni sapidi e asprigni e un tempo lo si usava conservare in casa appeso in grappoli. Nasce nella piana di Sant’Agostino, tra Gaeta e Itri, trovando il suo habitat naturale nei terreni sabbiosi e salmastri lungo le coste o le foci dei fiumi.
La sua coltivazione negli orti e nelle periferie di Roma è attestata almeno dall’ultimo ventennio del ‘700.
Amatriciana – Curiosità in pillole
Quando è nata l’Amatriciana? Una domanda questa che pare destinata a non trovare certa risposta. Tuttavia, se la data esatta risulta pressoché impossibile da individuare, la ricerca storica ha provato a mettersi sulle sue tracce a partire dallo studio della bibliografia culinaria. E così sappiamo che:
– Nel 1790 il cuoco romano Francesco Leonardi, autore dell’opera “Apicio Moderno” sdogana il sugo di pomodoro come salsa di base per le pietanze di corte. E’ un primo passo verso l’incontro del pomodoro con altri cibi come la pasta.
– Nel 1807 il gastronomo Grimond de le Reynière per la prima volta allude nel suo “Almanch de gourmands” all’abbinamento tra vermicelli e pomodoro.
– Solo nel 1837 verrà divulgata la prima ricetta di pasta al pomodoro, i Vermicelli co’le pommarole da parte di Ippolito Cavalcanti, duca di Buonvicino, nella sua “Cucina Teorico Pratica”.
– La prima ricetta di pasta all’Amatriciana sarebbe stata pubblicata da Adolfo Giaquinto, cuoco, giornalista e poeta romano nel ricettario “La Cucina di famiglia”(prime edizione 1899).
Nella sua versione compare il battuto di guanciale con cipolla e il pepe nero prende il posto del peperoncino.
Allo stesso modo, la nipote di Giaquinto, la celeberrima Ada Boni (autrice de “Il Talismano della felicità”, 1929) prevede per la sua Amatriciana l’utilizzo di cipolla, pepe e strutto.
Una scelta probabilmente dovuta alla diffusione nelle cucine romane, a partire dalla fine dell’800, del “sugo finto” a base di battuto finissimo di lardo, cipolla e odori.
Amatriciana o Matriciana?
Prima di chiudere, proviamo a risolvere un piccolo quesito linguistico: è più corretto parlare di Pasta all’Amatriciana o di Pasta alla Matriciana? La soppressione della A iniziale (aferesi) in una delle due espressioni sarebbe dovuta semplicemente a una distorsione dialettale romanesca, per cui sono da considerarsi entrambe valide.
Dove mangiare l’Amatriciana a Roma
I nostri preferiti. In ordine alfabetico tra tradizione e modernità, trattorie e qualche indirizzo stellato:
1. Flavio al Velavevodetto | Testaccio – Rigatoni alla Matriciana
2. Glass Hostaria | Trastevere – Mezzelune all’Amatriciana (quando a menu)
3. Il Convivio Troiani | Centro Storico – Amatriciana (1995)
4. L’Arcangelo | Prati – Gnocchi all’Amatriciana
5. Lo ‘Steria di Ponte Milvio | Ponte Milvio – Bombolotti all’Amatriciana
6. Osteria Fernanda | Testaccio-Portuense – Bucatini all’Amatriciana
7. Osteria Palmira | Gianicolense – Spaghettoni all’Amatriciana
8. Proloco DOL | Centocelle – Rigatoni all’Amatriciana con guanciale, pomodoro bio e pecorino dop
9. Tanto pe’ Magnà | Garbatella
10. Trattoria Da Cesare | Casaletto – Rigatoni all’Amatriciana più altri formati a scelta
11. Trattoria Sora Lella | Isola Tiberina – Gnocchi di patate del Viterbese all’Amatriciana